Il generale rende noto che i
magistrati gli contestano che "pur avendone l'obbligo
giuridico, non avrebbe impedito mediante doverose segnalazioni e
denunce all'autorità giudiziaria, ovvero con l'adozione di
autonome iniziative investigative e preventive, gli eventi
stragisti di cui aveva avuto anticipazioni", poi verificatisi a
Firenze, Roma e Milano, nonché il fallito attentato allo stadio
Olimpico. Secondo i pm di Firenze, dunque, pur essendo a
conoscenza degli imminenti attentati Mori non avrebbe fatto
nulla per impedirli. A informare il generale, per l'accusa,
sarebbe stato "prima nell'agosto 1992, il maresciallo Roberto
Tempesta informato dall'esponente della destra eversiva Paolo
Bellini che gli avrebbe anticipato le bombe al patrimonio
storico, artistico e monumentale e, in particolare, alla torre
di Pisa" e, qualche tempo dopo, anche il pentito Angelo Siino
"durante il colloquio investigativo - scrivono i pm -
intercorso a Carinola il 25 giugno 1993, che gli aveva
espressamente comunicato che vi sarebbero stati attentati al
Nord".
"Dopo una violenta persecuzione giudiziaria - portata avanti con
la complicità di certa informazione e durata ben 22 anni - che
mi ha visto imputato in ben tre processi, nei quali sono stato
sempre assolto, credevo di poter trascorrere in tranquillità
quel poco che resta della mia vita", dice Mori. "Ma devo
constatare che, evidentemente, certi inquirenti continuano a
proporre altri teoremi, non paghi di 5 pronunce assolutorie e
nemmeno della recente sentenza della Suprema Corte che,
nell'aprile scorso, ha sconfessato radicalmente le loro tesi
definendole interpretazioni storiografiche. - aggiunge- Per
questo motivo, quei giudici della Cassazione sono stati
duramente criticatati dal consesso dei lottatori antimafia nella
totale indifferenza del Csm che, dinnanzi a questi violenti e
volgari attacchi, tace a fronte di questo disegno che ha come
unico obiettivo quello di farmi morire sotto processo" .
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