"Quelle a mio carico, com'è
agevole a tutti comprendere, sono accuse surreali e risibili se
tutto ciò non fosse finalizzato alla gogna morale che sarò
costretto a subire ancora per chissà quanti anni". Così il
generale Mario Mori commenta l'inchiesta a suo carico aperta dai
pm di Firenze per le stragi del 93.
"Basti pensare alla circostanza - aggiunge - che, a Palermo,
mi hanno processato per 11 anni, con l'accusa di aver 'trattato'
con la mafia e siglato un accordo con Bernardo Provenzano per
far cessare le stragi. La sentenza di condanna, in primo grado a
12 anni, poi spazzata via da quella di appello e di Cassazione,
affermava che avrei 'esortato' e, quindi, sollecitato i vertici
mafiosi a comunicare le condizioni per ritornare alla situazione
di pacifica convivenza … che si era protratta sino alla conferma
delle condanne all'esito del maxi processo' e, dunque, per non
commettere più le stragi".
"La sentenza di appello, nell'assolvermi, ha riconosciuto che
la mia condotta 'ebbe come finalità precipua ed anzi esclusiva
quella di scongiurare il rischio di nuove stragi' e che avevo
'effettivamente come obbiettivo quello di porre un argine
all'escalation in atto della violenza mafiosa che rendeva più
che concreto e attuale il pericolo di nuove stragi e attentati,
con il conseguente corredo di danni in termini di distruzioni,
sovvertimento dell'ordine e della sicurezza pubblica e
soprattutto vite umane', spiega. "Per i giudici di Palermo fui
mosso esclusivamente da fini solidaristici (la salvaguardia
dell'incolumità della collettività nazionale) e di tutela di un
interesse generale, e fondamentale, dello Stato. - fa notare il
generale - Oggi vengo indagato per non aver impedito le stragi,
quindi con una virata di 360 gradi rispetto al precedente
teorema".
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